L’obiettivo ufficiale, quello dichiarato, è l’implementazione della difesa comune. Per sviluppare una sinergia anche nelle operazioni militari e garantire maggiore sicurezza. Sulla carta è un nobile intento. Ma il risultato effettivo è quello di trasformare l’Unione europea, nato come un progetto di pace, in “un’organizzazione armata”. Con grande soddisfazione solo dell’industria militare, pronta a trarne benefici ultra miliardari.
Nei giorni scorsi, infatti, il Parlamento europeo ha adottato il Programma di sviluppo per la difesa, proposto dalla Commissione lo scorso anno. Un primo passo – che sposterà almeno 500 milioni di euro all’anno nel 2019 e nel 2020 – verso quello che nel bilancio 2021-2027 diventerà il Fondo Difesa e che prevede uno stanziamento di 13 miliardi di euro per la spesa in armamenti. Una direzione politica che genera preoccupazione. A cominciare dalla possibilità di sviluppare piani poco chiari, come quello per la creazione dei killer robots, armi letali capaci di agire senza un effettivo controllo umano.
La pace con le armi
I vertici delle Istituzioni europee esaltano la spesa militare, travestendola come un’iniziativa di pace. Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha detto:
“Negli ultimi due anni l’Unione europea ha adottato misure in materia di sicurezza e difesa che prima erano impensabili. Ora possiamo sostenere la ricerca e la cooperazione per sviluppare capacità di difesa. L’istituzione di un Fondo europeo per la pace migliorerà il finanziamento delle operazioni militari dell’UE e il nostro sostegno alle azioni dei nostri partner”.
Il vicepresidente della Coommissione, Jyrki Katainen, responsabile del lavoro, crescita e investimenti ha usato toni simili:
“Ciò che stiamo proponendo aiuterà l’Unione europea a prendere il suo destino nelle sue mani, assumendo una maggiore titolarità nel difendere e proteggere i nostri cittadini. Il Fondo europeo per la difesa è un vero strumento europeo per incoraggiare gli investimenti congiunti e amplificare gli Stati membri negli sforzi per la difesa”.
Oltre la propaganda
Dietro gli entusiasmi, però, fondati timori su cosa possa effettivamente accadere. “La Rete europea contro il commercio di armi (ENAAT) si è detta infatti “molto preoccupata per l’adozione di tale programma che andrà direttamente a sovvenzionare l’industria degli armamenti”.
Wendela de Vries, coordinatrice di Stop Wapenhandel, spiega le basi di questa preoccupazione:
“Più armi non porteranno la pace, ma porteranno solo a più rifugiati. Dovremmo fermare il commercio di armi che costringe le persone a fuggire”.
Dunque, la sicurezza armata sta diventando l’asse portante delle politiche Ue nell’illusione che si possano blindare le paure. Eppure i risultati dicono ben altro: più circolano le armi e più aumentano i pericoli.
Laetitia Sédou, responsabile del programma europeo di ENAAT, mette in evidenza un altro cortocircuito: si stanno preparando massicci investimenti per le armi, tanto da superare la spesa per gli aiuti umanitari.
“Con decine di miliardi ulteriori provenienti da possibili contributi nazionali. Fingere che ciò garantisca sicurezza ai cittadini europei è un messaggio fuorviante”.