Tagli alla sanità, ai servizi pubblici, alle pensioni. Tagli ovunque, spesso orizzontali, ignorando le necessità dei cittadini: il tutto nel sacro impegno dei risparmi per le casse dello Stato. Ma nessuno ha pensato di concentrarsi su un capitolo ricco, che non conosce crisi: le spese militari; che nel 2018 sfioreranno (salvo eventuali ritocchi al rialzo) i 25 miliardi di euro. Né tantomeno il governo Gentiloni ha previsto specifiche riduzioni di spesa per gli armamenti. Anzi, al contrario: rispetto allo scorso anno è stato messo in conto un incremento del 7%. Una questione che si pone al prossimo governo e al nuovo Parlamento, peraltro già gabbato sulle reazione per l’export delle armi made in Italy.
L‘Osservatorio Mil€x ha sintetizzato lo studio realizzato sull’ultima legislatura, in relazione alla spesa militare complessiva.
Nei cinque bilanci dello Stato 2014-2018 di diretta responsabilità di questa legislatura c’è stata una crescita di circa il 5% delle spese militari, valutate secondo la metodologia Mil€x. Si è passati da 23,6 miliardi annui ai quasi 25 miliardi appena deliberati, con una crescita avviata due anni fa dai Governi Renzi e Gentiloni che hanno deciso una risalita dell’8,6% (quasi 2 miliardi in più) rispetto al bilancio Difesa del 2015 (l’ultimo a risentire degli effetti della spending review decisa nel 2012 dal Governo Monti e applicata dal successivo Governo Letta anche al Ministero della Difesa).
Capitolo armi
Al di là della spesa militare nel suo complesso, per le armi non c’è stato alcun tentativo di risparmio. Per il 2018, secondo il bilancio preventivo, la spesa per gli armamenti ammonta in totale a “5,7 miliardi nel 2018, +7% in un anno”, spiega il Rapporto Mil€x 2018, annotando che si è registrato un incremento vertiginoso nel tempo: +88% nelle ultime tre legislature. Insomma, una tendenza che non fa distinzioni tra governi di centrosinistra, di centrodestra o tecnici.
Mise a disposizione
Il meccanismo è ormai rodato: la spesa per gli armamenti è ripartita tra il bilancio del ministero della Difesa e il ministero dello Sviluppo economico (Mise), con quest’ultimo che risulta sempre più decisivo. Per l’anno in corso è previsto un impegno del Mise per 3,5 miliardi di euro. Nel 2013 il dato si fermava 2,7 miliardi. Anche in questo caso è significativo il boom della spesa: +115% nelle ultime tre legislature. Un fattore che incide sull’intero sistema produttivo del Paese: “Il comparto difesa assorbe mediamente i 3/4 del budget Mise per gli investimenti per lo sviluppo e la competitività di tutte le industrie italiane”, si legge nel rapporto Mil€x. Gli altri settori industriali sono quindi costretti a soccombere alle armi.
Tutti in Difesa
Come se non bastasse, il bilancio preventivo del 2018 propone un’inversione di tendenza per il budget del ministero della Difesa, alla voce destinata agli armamenti: dal 2013 al 2017 si era registrato un calo (in gran parte bilanciato dai maggiori esborsi del Mise) della spesa da 3,1 miliardi di euro a 1,9. Il governo Gentiloni ha deciso di “chiudere in bellezza”, optando per un nuovo incremento della spesa del solo ministero della Difesa. Portandola a quasi a 2,2 miliardi. Ma c’è di più, ossia un capitolo speciale: si tratta del Fondo difesa da 12,8 miliardi di euro, incluso nei 46 miliardi di euro del Fondo investimenti del Ministero dell’Economia e delle Finanze che si prefigge lo scopo programmare – dal 2017 al 2032 – investimenti pubblici con certezza di risorse. Il comparto, dati alla mano, assorbe il 28% della dotazione complessiva. E forse, alla luce di questi numeri, qualcosa è possibile – se non necessario – fare per ridurre i costi.