La riforma della legittima difesa non c’entra con il caso del commerciante di Monte San Savino, Arezzo, che ha ucciso un ladro nella notte scorsa. E la strumentalizzazione del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è solo l’ennesimo modo per distogliere l’attenzione dal problema vero: l’assenza dello Stato, anzi la sua sconfitta, che riguarda chi adesso è ai vertici dello Stato. Specie in materia di sicurezza pubblica. Solo da questi punti si può avviare un discorso serio, senza retorica armata.
Secondo le cronache, infatti, l’uomo avrebbe subito addirittura 38 furti negli ultimi mesi nella sua rivendita di gomme. Sì, proprio così: 38. Un numero spropositato, inaccettabile, che fa porre subito la domanda: dove sono i controlli? Perché dinanzi a qualcosa di così gigantesco non erano stati predisposte iniziative specifiche? Che cosa fa la macchina che deve garantire sicurezza e legalità? Domande semplici rivolte a chi quella macchina la guida: il ministro dell’Interno. E l’attuale responsabile risulta essere Salvini, ammesso che si dedichi al suo lavoro e non alla comunicazione social. Certo, non possiamo dire che è lui il ‘colpevole’ dei furti, ma nella catena di comando conta qualcosa.
La non legittima resa delle Istituzioni
Di fronte a questa totale “disattenzione”, non è pensabile dire ai cittadini: “armatevi”. Limitarsi al tifo da stadio del tipo “io sto con lui”. Perché equivale a dire “lo Stato non c’è, quindi arrangiatevi”. Ma così facendo viene meno qualsiasi principio di comunità e soprattutto c’è il fallimento della classe dirigente, della politica. E in generale delle Istituzioni. Quindi dello stesso ministro che con le sue affermazioni social finge di essere vicino ai problemi dei cittadini. Ecco più che la vicinanza a posteriori, un ministro sarebbe tenuto a prevenire i fenomeni criminali.
Infine, una postilla, più giuridica ma necessaria, come evidenzia il tweet di Giorgio Beretta dell’Opal.
Dalle prime indagini non risulta alcuna “violenza o minaccia di uso di #armi” da parte dei ladri. Se il Min. #Salvini vuol introdurre il “diritto ad ammazzare” in quanto “diritto di difesa” spacciandolo per #legittimadifesa è bene che lo dica chiaro e che gli italiani lo sappiano https://t.co/5KuVZAIbI2
— Giorgio Beretta (@beretta_g) 28 novembre 2018
Peraltro, parlare di riforma di legittima difesa, prendendo in prestito questo caso (che resta comunque una tragedia per un uomo che ha dovuto aprire il fuoco) è ancora più inaccettabile: perché anche con l’eventuale approvazione della legge approvata al Senato, le indagini saranno aperte. La Giustizia funziona, fortunatamente, così: di fronte a una vittima bisogna aprire un’inchiesta per capire l’esatta dinamica dei fatti e accertare eventuali responsabilità. Probabilmente il titolare della rivendita sarebbe assolto (o chissà forse nemmeno rinviato a giudizio) anche con l’attuale impianto legislativo, come è avvenuto nel 90% dei casi di procedimenti per eccesso di legittima difesa. Ma questo spetta a un giudice, non alla tribuna social né tantomeno a un ministro.