Legittima difesa? Sulle armi serve trasparenza, non un far west: ecco la strada maestra della direttiva europea

Legittima difesa? Sulle armi serve trasparenza, non un far west: ecco la strada maestra della direttiva europea

Ancora una volta sul tavolo della propaganda, con un’occhiata a una possibile campagna elettorale, viene evocata la necessità di allargare le maglie della legittima difesa. Dando mano libera ai cittadini per la difesa fai-da-te. Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha ripetuto, per l’ennesima volta, il messaggio al termine del colloquio con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Nulla di nuovo, insomma.

Eppure sul tema delle armi c’è stato qualcosa di nuovo: appena qualche giorno fa, il Consiglio dei ministri ha recepito la direttiva dell’Unione europea che indica una rotta ben diversa. E che rappresenta un passo in avanti verso un rigoroso controllo delle armi, partendo da principio della trasparenza per contrastare la violenza armata privata e soprattutto manifestando la volontà di affrontare la minaccia terrorismo con “armi concrete”. Ossia limitando la circolazione di armi.

Il passaggio definitivo per l’applicazione della direttiva Ue spetta comunque al prossimo governo e alla maggioranza che lo sosterrà. Il principio incardinato è comunque fondamentale per sgombrare il territorio dalla sloganistica in voga: la sicurezza è in pericolo se in giro ci sono pistole, kalashnikov e fucili. L’esatto contrario di quanto sostiene, per esempio, Donald Trump (che per una certa destra nostrana resta un modello da seguire in materia di armi e difesa personale).

L’Ue ha particolarmente puntato sulla possibilità di creare un database condiviso tra i Paesi membri.

Le nuove norme consentono alla Commissione di proporre l’istituzione di un sistema per lo scambio elettronico di informazioni tra Stati membri. Le informazioni riguarderebbero i casi in cui sia stato autorizzato il trasferimento di un’arma da fuoco verso un altro Stato membro e quelli in cui siano state rifiutate l’acquisizione e la detenzione di un’arma da fuoco.

Dunque, nell’era digitale proprio la digitalizzazione dei dati diventa un punto imprescindibile. Ma non solo. Ecco un altro elemento che disarma, in parte, le persone per il loro bene.

Alcune delle armi da fuoco semiautomatiche più pericolose sono state ora aggiunte alla categoria A e sono pertanto vietate per l’uso civile. È questo il caso delle armi da fuoco corte semiautomatiche con caricatori in grado di contenere più di 20 cartucce e delle armi da fuoco lunghe semiautomatiche con caricatori in grado di contenere più di 10 cartucce. Analogamente, sono ora vietate anche le armi da fuoco lunghe facili da nascondere, ad esempio grazie a un calcio pieghevole o telescopico.

Il governo ha così recepito la stretta sulle licenze che oggi sono diventate la Terra Promessa dei pistoleri.

Si riduce da sei a cinque anni la durata delle licenze di tiro a volo e di caccia di nuova emissione, nonché di quelle rinnovate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto e si modifica la normativa relativa al controllo della sussistenza e permanenza dei requisiti soggettivi sui detentori di armi, prescrivendo l’obbligo di presentare ogni cinque anni la prevista certificazione medica, per chiunque detenga armi comuni da sparo.

In poche parole: trasparenza, tracciabilità e controlli. Per vedere meno armi in giro. Con la riduzione delle possibilità che provochino stragi.

Qui il testo completo della direttiva Ue e qui il comunicato del governo.

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