Omicidio Vasto: la depressione è attenuante alla condanna, ma non bastava a far revocare la licenza per le armi

Omicidio Vasto: la depressione è attenuante alla condanna, ma non bastava a far revocare la licenza per le armi

Una riduzione di 10 anni sulla pena da scontare. Perché la depressione in cui era finito dopo la morte della moglie va considerata un’attenuante. Così Fabio Di Lello, condannato per l’omicidio di Vasto in cui fu ucciso Italo D’Elisa, ha beneficiato della valutazione della Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila: secondo la sentenza lo stato di turbamento ha cancellato la premeditazione del delitto. Quindi la sua pena è scesa da 30 a 20 anni.

Senza entrare nel merito giuridico del pronunciamento, c’è un altro aspetto da valutare: Di Lello continuava a detenere, legalmente, un’arma. Come se nulla fosse successo, lui aveva la pistola in casa, grazie alla licenza per tiro sportivo: in quei mesi travagliati, nessuno ha pensato di approfondire l’eventuale possesso di armi, cercando di scongiurare ulteriori tragedie dopo l’incidente fatale per Roberta Smargiassi, moglie di Di Lello, causato dall’investimento di D’Elisa. Così Di Lello ha potuto continuare a custodire la calibro 9, usata per uccidere il giovane considerato colpevole della scomparsa della sua amata Roberta. Una sorta di implicito invito alla giustizia-fai-da-te.

Insomma, in questo caso la legge ha mostrato la totale assenza di controlli sui possessori delle licenze. E qui ritorno un problema gigantesco: l’assenza di un database condiviso, in grado di far incrociare le informazioni mediche e sulle licenze per il possesso di armi, si conferma una lacuna gigantesca. Una falla nel sistema normativo, che l’associazione Ognivolta chiede costantemente: è necessario avere un quadro di informazioni cliniche precise su chi possiede armi.

I problemi di Di Lello

Di Lello, insomma, aveva a disposizione un’arma. E tutti sapevano delle sue condizioni psichiche. Fin dal tragico incidente della moglie.

Ilfattoquotidiano.it, già il giorno dopo l’agguato (avventuo l’1 febbraio 2017), scriveva, citando le parole del legale di Di Lello, Giovanni Cerella:

Fabio era sotto choc,era depresso per la perdita della moglie, andava molto spesso al cimitero pensava giustizia non fosse stata fatta.

Certo, non c’era stata una chiara volontà di vendetta, ha spiegato il suo avvocato subito dopo l’omicidio. Ma la tendenza non era certo tranquillizzante dopo l’incidente in cui era morta Roberta Smargiassi, moglie di Di Lello. Le continue manifestazioni, il clima teso a Vasto non erano segnali che emanavano serenità. E necessitavano di una maggiore attenzione, di un controllo che la legge deve consentire – da subito – con maggiore semplicità.

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