Giorni di Fuoco: ogni quindici giorni su Addio Alle Armi la rassegna delle notizie italiane e internazionali più interessanti su “legittima difesa”, armi, disarmo e politiche di pace.
Lunedì 16 luglio, grazie a un articolo di Repubblica è scoppiato il caso di un accordo firmato da Matteo Salvini con la lobby delle armi. Il documento è stato siglato nel febbraio scorso, in piena campagna elettorale.
Andrea Maestri, esponente di Possibile, ha criticato il contenuto dell’accordo e il ruolo del Movimento 5 Stelle. “Quella di Salvini non è una riforma della legittima difesa, ma un Far West, un’Italia americanizzata che produrrebbe solo più delitti. In tutto questo il Movimento 5 Stelle è pienamente d’accordo: il ministro della Giustizia Bonafede non ha parlato di un intervento restrittivo al rilascio di porto d’armi, ma solo di legittima difesa come ‘priorità’ di questo governo, con l’applauso di Forza Italia che ha promosso un tour sull’argomento”.
Il 18 luglio è iniziato in Commissione Giustizia del Senato l’iter dei disegni di legge sulla legittima difesa. Sono state depositate cinque proposte (una della Lega, due di Forza Italia, una di Fratelli D’Italia e una di iniziativa popolare), che – pur con qualche differenza – si rifanno tutte al “diritto di difendersi, senza e senza ma”.
Tra le proposte depositate non ce n’è una a firma M5S. Il Guardasigilli Bonafede, nonostante non abbia preso le distanze da Salvini, ha affermato che la riforma non potrà in ogni caso portare alla liberalizzazione delle armi in Italia.
In occasione dell’inizio dell’iter sulla legittima difesa, Pierangelo Piedersoli, presidente di Conarmi, ha rilasciato una dichiarazione interessante durante l’audizione alla Camera delle associazioni di produttori di armi. Rispondendo a una domanda del deputato PD Gennaro Migliore sui finanziamenti dati dalla sua associazione alla Lega nord, ha affermato che le associazioni da lui rappresentate – oltre a non aver mai erogato alcun tipo finanziamento – erano state avvicinate in passato da molti partiti e non solamente dalla Lega.
I maggiori controlli posti a seguito della sparatoria all’interno del palazzo di giustizia di Milano per l’ottenimento della licenza per legittima difesa (porto d’armi), che prevedono un’autorizzazione rilasciata dalla prefettura della validità di un solo anno, e dopo il superamento di test psicologici, sono stati già aggirati, secondo il Corriere della Sera. A partire dal 2015 infatti, le licenze “ad uso sportivo” sono aumentate esponenzialmente.
Queste durano sei anni e, nonostante l’arma in questione possa essere utilizzata solamente all’interno del poligono di tiro, permettono comunque al possessore di detenerla in casa.
Famiglia Cristiana ha pubblicato il 24 luglio un comunicato dell’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale (Aipdp) in cui vengono spiegate tre cose fondamentali: non è possibile evitare un’indagine nel momento in cui si ferisce o si ammazza una persona, in quanto l’indagine sarà necessaria per verificare se sia stato necessario difendersi o se è accaduto altro. Secondariamente, la norma risulterebbe incompatibile con la Costituzione, con le convenzioni e il diritto internazionale. Infine, i professori sottolineano come «chi propone la riforma sa benissimo tutto ciò ma, non dicendolo all’opinione pubblica, non rende un servizio alla verità».
Dopo il suo arresto, avvenuto il 15 luglio scorso, sono state raccolte molte informazioni su Maria Butina, una donna di 29 anni accusata di essere una spia russa che ha lavorato per infiltrarsi nel Partito Repubblicano. La storia di Maria Butina, raccontata in Italia da Il Post ha disvelato i collegamenti tra associazioni russe che si battono per una circolazione meno restrittiva delle armi, il governo russo (nella persona di Alexander Torshin, senatore e vicedirettore della Banca Centrale di Mosca), la NRA (National Rifle Association, la più grande organizzazione statunitense che promuove il diritto a possedere armi) e il Partito Repubblicano di Donald Trump, che Butina ha più volte incontrato grazie ai suoi contatti con la NRA. Tra i membri più influenti incontrati da membri si ricorda Paul Erickson, un esponente del South Dakota che aveva partecipato alla gestione delle campagne elettorali di diversi candidati conservatori, e Mark Sanford, deputato del South Carolina.
Il Giornale del 22 luglio racconta la storia di Cody Wilson, fondatore e proprietario della Defense Distribute, che nel 2015 pubblicò online i progetti e gli schemi per stampare in 3D le cosiddette “Ghost Guns”, pistole funzionanti costruite interamente in ABS, non rintracciabili data la mancanza dei numeri seriali e non rilevabile dai metal detector.
Dopo l’intervento del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, che intimò la rimozione di tali progetti data la violazione del Regolamento Internazionale sul Traffico d’Armi, Wilson intentò una causa contro il Dipartimento di Stato per violazione del primo emendamento, ritenendo che la decisione presa dal Dipartimento della Difesa censurasse i diritti di espressione di un fabbricante di pistole.
Dopo 3 anni di controversie legali Wilson ha vinto la sua battaglia legale autorizzando di fatto la Defense Distribute, a partire dai primi di agosto 2018, a poter pubblicare schemi, file e disegni 3D per la produzione di armi.
Una sentenza accolta con disapprovazione da parte di coloro che combattono la liberalizzazione delle armi da fuoco e che fa ancora più discutere sia per la decisione di non considerare ”intrinsecamente militari” le ”Ghost Guns” rappresentando a detta loro un minor pericolo per la popolazione sia per la pericolosità di tali armi da fuoco ”fantasma” data l’impossibilità di rilevarle e la sempre maggiore accessibilità delle stampanti 3D al mercato consumer.
Una ricerca del “Centers for Disease Control and prevention” pubblicata negli USA ha fatto luce su alcuni aspetti importanti relativi al rapporto tra suicidi e possesso in casa di armi da fuoco. La ricerca ha mostrato che:
- sono stati 220.000 gli Americani che si sono suicidati usando un’arma da fuoco;
- L’accesso diretto a un’arma da fuoco è uno dei fattori di rischio più importanti e, nel caso in cui non avessero un’arma direttamente a disposizione, solo in rari casi le persone cercherebbero di suicidarsi in altro modo.
- Un tentativo di suicidio praticato con un’arma da fuoco “riesce” nell’85% dei casi, contro il 2% dei tentativi effettuati mediante avvelenamento: un aspetto importante, considerando che molto raramente chi sopravvive a un tentativo di suicidio prova di nuovo a effettuarlo.
- Le persone più a rischio sarebbero coloro che abitano nelle aree rurali e nelle piccole città.