Contro la guerra ci sarebbe una soluzione molto più semplice di quanto possa sembrare, se solo ci fosse la volontà. Che avrebbe fortissimi benefici. Insomma, basta bloccare la vendita di armi ai Paesi con hanno conflitti in corso. Solo in questo modo è possibile far cessare la strage quotidiana. La Rete della Pace ha lanciato la proposta mentre aumenta la tensione intorno alla Siria con la minaccia di un attacco franco-statunitense contro il regime di Bashar Assad, sostenuto dalla Russia di Vladimir Putin.
È l’Unione europea che può, anzi deve, svolgere un ruolo di primo piano in coerenza “con principi e valori fissati nel Trattato, nella Carta Europea dei Diritti Umani, negli Accordi e nelle Convenzioni internazionali”, spiega la Rete della Pace. Ma senza dimenticare un fatto storico fondamentale: la guerra in Siria c’è già, dal 2011, con centinaia di migliaia di vittime, indipendentemente dalle armi chimiche (come spiega Lorenzo Trombetta in questo articolo). Lo scontro Usa-Russia sarebbe solo un aggravamento della situazione. Bombe che si aggiungono ad altre bombe, provocando altre migliaia di vittime.
Iniziativa per la pace
L’appello lanciato dalla Rete della pace nella convocazione della conferenza stampa di oggi è netto:
Vanno fermate le armi, bloccate le vendite a chi è in guerra. Ora, subito. Va fatto rispettare il diritto internazionale: è la sola condizione per proteggere la popolazione civile, fermare l’oppressione e l’occupazione, attivare la mediazione tra le parti in conflitto. Non si può più attendere e rinviare decisioni e responsabilità. Il limite è superato da tempo. Ora, subito, bisogna aiutare le vittime, curare i feriti, soccorrere chi fugge dall’orrore.
“Abbiamo promosso questa iniziativa in poche ore, perché ci è sembrato che la situazione fosse arrivata a un punto molto rischioso. Le cose stanno sfuggendo di mano e il rischio è quello di arrivare a un punto da cui sarebbe difficile tornare indietro”, spiega ad addioallearmi.it il coordinatore della Rete della pace, Franco Uda. “Abbiamo cercato di battere un colpo – aggiunge Uda – per dimostrare che i pacifisti ci sono: ci impegniamo quotidianamente in tante forme, oltre alle manifestazioni di piazza, con lo studio, la ricerca e le proposte di legge da far portare in Parlamento”.
La pace senza appeal
La guerra, stando al tam tam mediatico delle ultime ore, sembra l’unica strada percorribile: come se la pace non avesse appeal. Insomma, un vicolo cieco. Ma non è così. “Il problema è che spesso alle nostre posizioni non viene dato alcun tipo di spazio. Lo spazio mediatico parla di guerra tutti i giorni e non dà nemmeno alla politica lo spazio per opporsi all’uso della forza. Esistono altre possibilità oltre all’opzione militare”, ribadisce Uda. Per questo è necessaria una mobilitazione: almeno la narrazione non è incentrata esclusivamente sulla possibilità bellica. Anzi, guarda al silenzio delle armi come unica soluzione immaginabile.