Il programma per gli F-35 non verrà sfiorato. Le buone intenzioni e le “battaglie” dei partiti, attualmente al governo, sono evaporate di fronte al possibile stop all’operazione. Un volo in retromarcia. Così altri 9 miliardi saranno spesi dall’Italia nei prossimi mesi per l’acquisto dei cacciabombardieri, esattamente come previsto in precedenza. Il cambio di governo non ha portato alcun cambio di progetto in materia di Difesa. Quei fondi, destinabili a capitoli di spesa prioritari come ambiente e dissesto idrogeologico, andranno a finanziare degli strumenti di guerra.
Alla Camera è stata approvata ieri una mozione che si limita a parlare di una “valutazione” da fare sui costi. Il testo è una sinfonia di vaghezza. Un modo per dire che si va avanti, senza urlarlo troppo, perché magari nessuno ci fa caso. Bisogna “valutare – si legge nella mozione della maggioranza – le future fasi del programma tenendo conto dei mutamenti del contesto geopolitico, delle nuove tecnologie che si stanno affacciando, dei costi che si profilano, degli impegni internazionali assunti dall’Italia, delle esigenze di contenimento della spesa pubblica, della tutela e delle opportunità dell’industria italiana del comparto difesa e dell’occupazione, al fine dell’accrescimento del know-how nazionale, dell’accesso alla tecnologia straniera e delle risorse disponibili”.
La campagna “Taglia le ali alle armi” ha stimato in 50 miliardi totali il prezzo per gli F-35, una cifra più alta della Legge in Bilancio in discussione al Senato. Di sicuro 5 miliardi sono stati già spesi e in uscita ce ne sono altri 9 in assenza di una effettiva revisione. L’unica differenza con le mozioni delle destre è la tempistica: la Lega e Fratelli d’Italia chiedevano un’accelerazione sul programma, facendo sobbalzare dalla sedia. Che fretta ci sarebbe nell’acquisto di aerei da guerra? Mistero. Ma, al di là delle sfumature, gli F-35 finiranno in dotazione all’Italia. Con buona pace… delle intenzioni pacifiste.