Sono trascorse altre 24 ore lastricate di buone intenzioni, ma prive di atti concreti. I partiti della maggioranza hanno ancora manifestato la “ferrea” volontà di fermare la vendita delle armi alla Turchia, dopo la deliberata aggressione ai curdi nel Rojava: solo che mancano le misure reali per attuare le idee manifestate a mezzo stampa o social. Risultano tante dichiarazioni determinate, che lascerebbero presagire un immediato provvedimento di embargo all’export di armi. Invece niente: dietro le belle parole si scorge l’assenza dell’azione.
La situazione, peraltro, sta diventando sempre più pesante nel Rojava: la brutale uccisione di Havrin Khalaf, segretario del partito Futuro della Siria, conferma che le milizie filoturche stanno agendo con grande rapidità, individuando obiettivi ben precisi. Un’offensiva durissima che fa a pezzi i diritti umani. E in alcuni casi gi attacchi hanno preso di mira anche i giornalisti. Insomma, le immagini dal fronte nord-siriano dovrebbero scuotere le coscienze e sollecitare una risposta diplomatica e commerciale.
Peraltro, come è stato già ampiamente rilevato, non è necessario alcun atto “eroico” del governo italiano per dire #BastaArmiallaTurchia: è sufficiente applicare la legge 185 del 1990, che vieta la vendita di armamenti a Paesi in guerra. E quello deciso dal presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, è indubitabilmente un atto di guerra, che peraltro rischia di innescare conseguenze a catena: ora l’esercito di Bashar Assad sta andando in soccorso dei curdi, soprattutto per difendere Kobane, dopo un’intesa trovata in poche ore tra Damasco e i leader delle Ypg (Unità di Protezione Popolare curde).
Eppure dalle cronache, come l’articolo pubblicato da La Repubblica (il cui titolo è in copertina di questo post), emerge in realtà un approccio di pragmatica (o meglio dire cinica) realpolitik dell’Italia, che non vuole rinunciare al giro di affari innescato dall’export di armi Made in Italy ad Ankara. Il ‘governo della svolta’ non manifesta una seria volontà di dare una svolta anche in politica estera: sembra anzi in netta continuità con tutti i precedenti esecutivi.