Mettersi En Marche per capire se la Francia sta armando la mano dell’Arabia saudita nella guerra condotta in Yemen. Con tutte le conseguenze del caso sui diritti umani. Per questo motivo quindici parlamentari del partito del presidente Emmanuel Macron hanno chiesto di vederci chiaro sul tema delle armi per rispondere, tra l’altro, alle preoccupazioni espresse da varie organizzazioni non governative, a partire da Amnesty international e Human Rights. Anche la tempistica dell’iniziativa appare rilevante: la richiesta è maturata proprio nelle ore in cui Parigi sta meditando un’operazione militare in Siria al fianco degli Stati Uniti di Donald Trump e sta consolidando il sodalizio con il principe Mohammed bin Salman.
Commissione araba
Sebastien Nadot, deputato di En Marche, è stato il promotore della proposta dell‘istituzione di una commissione di inchiesta che si prefigge uno scopo ben preciso: comprendere quale sia l’impiego degli armamenti che arrivano alla dinastia di Ryad. La commissione, infatti, “vuole studiare la conformità della Francia agli impegni internazionali in materia di licenze di esportazione di armi, munizioni, addestramento, servizi e assistenza che il Paese ha concesso durante questi tre anni alle parti in guerra in Yemen”, ha spiegato Nadot. Un’esigenza rafforzata dalla denuncia dell’Observatoire des armaments e dalla Fédération internationale des droits de l’Homme (Fidh) che hanno parlato di “massicce consegne di armi all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti prima e durante il conflitto”. Con la possibilità di violazione del Trattato sul commercio di armi.
Difesa d’ufficio
L’Eliseo ha escluso la possibile sospensione delle vendite e delle consegne di armi, spiegando che c’è un “controllo molto rigoroso” sulle esportazioni. La tesi difensiva di Macron, quindi, si basa sul fatto che gli armamenti partiti dalla Francia verso Ryad non sarebbero impiegati per gli attacchi sul territorio yemenita. Una posizione che desta qualche legittima perplessità nelle Ong attive per i diritti umani. Anche perché il conflitto contro i ribelli sciiti Houthi, a lungo ignorato dai media italiani (e in parte internazionali), ha provocato – da quel che si riesce a sapere data la scarsità di informazione – almeno 10mila vittime, di cui circa la metà civili. Il tutto con un bilancio di 500mila persone ferite.
In marcia anche in Italia
Il partito macroniano, molte volte citato a modello in Italia, ha dato così l’esempio da seguire per capire la situazione, sfidando addirittura il suo leader e fondatore. Si tratta di un’assunzione di responsabilità notevole, che sarebbe il caso si sviluppasse pure in Italia. Del resto che il nostro Paese continui a rifornire di bombe l’Arabia saudita è un fatto assodato. Il recente calo dell’export di bombe, per quanto consistente, non ha risolto il problema. E il nuovo Parlamento italiano potrebbe aver trovato, si spera, uno spunto da cui ripartire. Lo spunto di mettersi in marcia (come Nadot) verso il rispetto della legge che vieta la vendita di armi a Paesi in guerra che violano i diritti umani.