Una vittima ogni tre giorni, la strage della caccia: il 19enne Nathan ucciso dalla “passione” dei cacciatori

Una vittima ogni tre giorni, la strage della caccia: il 19enne Nathan ucciso dalla “passione” dei cacciatori

Una silenziosa strage quotidiana. Lontana dai riflettori, appena accennata nelle pagine delle cronache nazionali, laddove si trovano le notizie di persone che, ogni giorno, perdono – o rischiano di perdere – la vita a causa di incidenti durante le battute di caccia. In molti casi si tratta di passanti, vittime inconsapevoli di una passione sempre più pericolosa. La media, negli ultimi dieci anni, è quella di una vittima ogni 3 giorni (durante la stagione venatoria). In totale, nell’ultimo decennio, si contano 217 morti e oltre 900 feriti, secondo i dati dall’Associazione vittime della caccia.

«È ora di intervenire per regolamentare con maggior rigore questa attività che provoca vittime solo per rispondere alla passione di poche persone. Perché i cacciatori sono sempre di meno, mentre gli incidenti sono sempre in costante aumento», ha scandito la segretaria di Possibile, Beatrice Brignone, una delle poche a battersi per evitare tragedie. Si parla di storie come quella che ha stroncato la vita a Nathan Labolani, 19 anni. Una domenica normale, da trascorrere a contatto con la natura, si è trasformata in una giornata di sangue in Liguria, nei boschi tra Sanremo e Bordighera.

Scrive il sito riviera24.it.

Nathan Labolani, 19 anni ancora da compiere, non stava stava partecipando ad una battuta di caccia quando almeno due colpi, esplosi da una carabina calibro 300 Winchester Magnum, lo hanno raggiunto ad un braccio e all’addome. Il giovane di Apricale, stando a quanto ricostruito fino ad ora, si trovava nel bosco ai piedi del paese della val Nervia, insieme al suo cane. Passeggiava. Nello stesso momento, però, era in corso una battuta di caccia al cinghiale composta da due squadre di cacciatori, una di Perinaldo e una di Camporosso.

Questo 2018, insomma, non si discosta da quanto è accaduto negli anni scorsi. Nel mese di settembre sono state 17 le persone ‘impallinate’ da un fucile da caccia: 4 hanno perso la vita e 2 delle vittime non erano cacciatori. I feriti, in totale, sono stati 13: in questo caso 5, tra cui un minore (un bimbo di 8 anni a Cesena), erano non cacciatori.

«Passeggiare nei boschi è diventata una scommessa con la morte, quella purtroppo toccata ieri al 19enne in Liguria colpito all’addome da un proiettile da cinghiale: non può essere responsabile solo chi ha sparato, ma inevitabilmente anche chi autorizza questo tipo di caccia nei luoghi pubblici», ha dichiarato Maurizio Giulianelli, vice presidente dell’Associazione Vittime della caccia. Elencando i casi: c’è stato un ciclista, lungo il fiume Marecchia è stato colpito al volto dalla fucilata di un cacciatore, a Faenza tre raccoglitori di kiwi colpiti da un cacciatore di lepri, a Sesto Fiorentino i colpi sono finiti sul tavolo di un ristorante dove una famiglia con un bambino piccolo stava pranzando. A coronamento di questo elenco, la morte di un ragazzo di 19 anni.

«Servono regole stringenti anche sulle armi – osserva ancora Brignone –  comprese quelle da caccia. Ci sono persone che prendono la licenza della caccia, ma non per cacciare, semplicemente per avere la possibilità di detenere armi in casa. Perché, ricordiamolo, non è prevista alcuna limitazione delle armi da caccia in casa. Si può avere un vero e proprio arsenale con la sola scusa di essere cacciatori».

Chiudi il menu