“Non è legittima difesa se metti una persona in ginocchio”. Le parole di Dorel Iucan, nell’intervista a La Repubblica di oggi, confermano ancora una volta cosa è successo quella sera del 5 ottobre 2011, nei pressi dell’azienda di Angelo Peveri. Iucan è l’uomo che fu colpito dal proiettile, dopo che era stato immobilizzato. Gli eventi caorico che la sentenza di Appello del processo ha paragonato a una “esecuzione”, secondo quanto confermato anche dal procuratore di Piacenza, Salvatore Cappelleri.
Questa una parte del suo racconto di Dorel Iucan.
Ci hanno già intimiditi coi due colpi in aria, non penso andranno oltre. Invece mi fanno mettere le mani sopra la testa. ‘Cosa ci fai qui?’. Detto con cattiveria. Mi picchiano col calcio del fucile. Chiedo perdono, dico che il gasolio mi serviva, prego di non farmi male. Peveri mi dice che dovevo pensarci prima. Mi sbatte la testa sulla ghiaia. Poi ricordo il fuoco del colpo, il caldo sul petto e il braccio destro rotto. E nient’altro. Poi la Rianimazione.
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Ma la vita di Dorel Iucan è cambiata da quella sera: i danni riportati sono gravi:
Io sto ancora male, mi sono operato due volte, mi hanno tolto il lobo di un polmone. Tre dita addormentate. Il braccio destro lo sollevo fino a qui. Ho 43 anni, sono invalido al 55% ma se mi offrono un lavoro pesante non posso rifiutare, non posso scegliere. Ora faccio il magazziniere.
Ancora una conferma, dunque, del dramma di quella sera, provocato dalla presenza di un’arma, che ha rischiato di uccidere un uomo.