Sul Venerdì di Repubblica del 6 aprile 2018, Marco Mensurati e Fabio Tonacci fotografano con grande efficacia lo stato attuale della legislazione relativa al porto d’armi, partendo da quello concesso nel 2015 a Luca Traini, noto alle cronache per aver sparato, in pieno centro a Macerata, ai neri che incontrava per strada, con una Glock semiautomatica regolarmente detenuta per uso sportivo. Raccontano come sia facile ottenere quel tipo di licenza rispetto al porto d’armi per difesa personale, per il quale, invece, esiste una sostanziale discrezionalità da parte del Ministero dell’Interno (Questore o Prefetto a seconda dell’arma) che deve valutare la “ragione valida” che il richiedente deve specificare nella domanda.
Se si aggiunge che non sono previsti controlli periodici sulla salute, soprattutto mentale, dei soggetti abilitati, si comprende come, proprio in funzione della maggior facilità di ottenimento, le licenze ad uso sportivo siano lievitate, come da tabella allegata all’articolo che invito caldamente a leggere, da 397.000 circa nel 2013 e 2014, a 453.095 nel 2015, 482.999 nel 2016 e ben 563.415 nel 2017, mentre quelle per difesa personale siano calate da 21.200 nel 2013 a 18.123 nel 2017. Il cerchio si chiude con il dato dei tesserati nei circoli di tiro, circa 94.000, partendo dal quale gli autori si chiedono come utilizzino le armi legittimamente detenute quell’altro mezzo milione circa di italiani che le possiedono grazie a questa licenza ma non ne fanno, appunto, uso sportivo.
Armi di cui non si conosce il numero esatto (chi ottiene la licenza può acquistare tre armi comuni, sei armi sportive e un numero illimitato di fucili), dato non fornito dal competente ministero dell’Interno, che pure riceve comunicazione in tempo reale di ogni acquisto. In pratica, per chiarezza, grazie all’escamotage dell’uso sportivo, quasi 500.000 italiani possiedono regolarmente armi senza poi farne uso sportivo (il tesseramento è indispensabile per l’ottenimento del permesso, così come per l’uso dell’arma in ambito sportivo, ma evidentemente basta essere tesserati al momento della domanda, senza necessità di rinnovo).
La vicenda di Traini (che per fortuna non si esercitava mai, viene da dire) porta quindi alla luce l’ennesima normativa piena di falle e aggirata palesemente da un numero enorme di persone, con un numero ancora maggiore, per quanto ignoto, di armi in circolazione. Purtroppo la cronaca quotidiana ci dice che, al di là dell’episodio razzista e fascista di Macerata, sono proprio le armi detenute regolarmente quelle utilizzate nei femminicidi o nei casi di eccesso colposo di legittima difesa, se non proprio di omicidio volontario quando l’esimente è dedotta in modo del tutto strumentale.
Eppure basterebbe veramente poco per evitare questa palese distorsione. Basterebbe prevedere, oltre a controlli medici e psicofisici regolari, che chi usa armi con licenza sportiva non le possa affatto detenere, ma che queste siano conservate in appositi locali presso i circoli di tiro, e utilizzate solo in quel luogo, magari prevedendo permessi per le gare, e non certo per le spedizioni punitive a sfondo razziale. Verificando le proposte di legge giacenti in Parlamento, questo è esattamente il senso, sia per i controlli che per la detenzione delle armi a uso sportivo, del disegno di legge n. 583 presentato in Senato nel 2013 a inizio legislatura, prime firmatarie Granaiola e Amati.
La vera domanda quindi è perché disposizioni di puro buonsenso come queste non siano state prese in considerazione dal Parlamento appena sciolto. Certo, la risposta più facile è legata al numero di armi evidentemente vendute ai titolari, che se calcolate mediamente in due per ogni detentore superano abbondantemente il milione, e quindi al potere lobbystico di chi le vende. Ma è altrettanto evidente che la strada intrapresa con questo picco di licenze sostanzialmente fittizie porta diritto verso il modello statunitense, verso l’uso improprio, verso altre morti e altri ferimenti.
Purtroppo la nuova composizione del Parlamento non è esattamente incoraggiante in questo senso, visto che uno dei partiti “vincitori” (per il quale proprio Traini è stato candidato in una tornata amministrativa) ha fatto la campagna elettorale usando lo slogan della “Difesa sempre legittima”, che è, giuridicamente, una enorme sciocchezza. Per questo serve un movimento di opinione sempre più ampio e più forte, prima che grazie alle maglie larghe della legge muoiano o siano ferite altre persone innocenti, possibilmente senza aspettare una strage in una piazza o in una scuola.