Amal Hussein è morta. A soli 7 anni. È una delle tante vittime definite ‘collaterali’ (perché non colpite direttamente da una bomba) ma che collaterali non sono, di una guerra iniziata nel 2015 e che è andata avanti nella più totale indifferenza dell’Occidente, che ha visto lo scontro come un’occasione di arricchimento per l’industria delle armi: il conflitto in Yemen tra la coalizione guidata dall’Arabia Saudita e i ribelli sciiti degli Houthi, sostenuti dall’Iran. La foto della piccola Amal, pubblicata dal New York Times, è diventata, purtroppo, un simbolo di quello che sta accadendo nella totale indifferenza globale: gli yemeniti non interessano ai governi, sono solo pedine di una partita geopolitica e dell’ineluttabilità della guerra. Una tragedia che però rende sempre più urgente il rilancio di un messaggio di pace, finora ripetuto da pochi leader politici in Italia così come all’estero.
Yemen, guerra infinita e armi occidentali (italiane incluse)
La guerra in Yemen è lo scontro per interposte milizie tra Paesi che vogliono assumere il controllo dell’area, non solo dello Yemen. Ma il Paese, già povero di suo, è diventato lo scenario di questo braccio di ferro tra l’Arabia saudita e l’Iran. In questo quadro l’Occidente non è stato solo spettatore distratto, indifferente di fronte al destino di milioni di persone. Nient’affatto: i Paesi più sviluppati, Italia inclusa con i governi di tutti i colori politici, hanno rifornito di armi l’esercito saudita, che ha scaricato le bombe occidentali sullo Yemen. Non sono bastati gli appelli e le denunce degli attivisti: solo il delitto-Kashoggi ha risvegliato il dibattito in Occidente, con l’Italia sempre molto prudente, ha aperto uno spiraglio per una possibile tregua in grado di far respirare la popolazione.
Eppure è quasi banale ricordarlo: le armi vendute a Riyad sono state usate per attacchi militari che hanno fatto stragi di civili, costringendo milioni di persone a lasciare le città e a vivere in condizioni umanitarie durissime. In tanti sono morti di stenti e malnutrizione: l’immagine atroce di Amal, un caso su un totale di 1,8 milioni di persone, è una testimonianza a cui non bisogna aggiungere commenti. Ma il suo sacrificio deve riecheggiare come un monito alle nostre coscienze per le guerre nel mondo che non vogliamo vedere.