Ci sono i due casi particolarmente strazianti: quelli di Alessia e Martina Capasso, uccise a Cisterna di Latina, dal padre. Avevano 13 e 7 anni, quando sono state colpite dai proiettili fatali, il 28 febbraio dello scorso anno. La loro morte è solo la più dolorosa dell’elenco, vista la tenera età, ma non si tratta di un caso isolato. Sì, perché nel 2018 le donne uccise da armi da fuoco legalmente detenute sono state 28 (la drammatica lista è in fondo all’articolo): in media più di due al mese. Quindi è come se ci fosse stato un femminicidio, a colpi di pistola o fucile, ogni 15 giorni. A essere precisi matematicamente anche leggermente meno di 15 giorni. Una tragica conferma che la presenza di armi legalmente detenute è una minaccia per le donne. Una questione di sicurezza. Di sicurezza personale.
Nella scia di morte ci sono anche le due sorelle, Antonella e Rosanna Laurenza, che a Vairano Patenora, nel casertano, non sono scampate alla furia omicida di Marcello De Prata, marito di Antonella Laurenza. L’uomo, subito dopo, si è tolto la vita. Poi ci sono tante altre tragedie, da nord a sud, con un unico comune denominatore: la minaccia della armi. Il punto è cruciale, 28 delitti non sono una parentesi. Infatti l’errore (o una precisa strategia politica) è quello di considerarli come singoli episodi di cronaca e non come conseguenza di un problema sociale: le troppe armi.
Da un punto di vista numerico risalta agli occhi un aspetto: l’incredibile sequenza di femminicidi commessi tra aprile e giugno: 10 delitti in meno di tre mesi. Chiaramente non c’è una logica, ma rende il quadro di come ci possa essere una cadenza quotidiana di queste morti.
I 28 femminicidi con armi legalmente detenute
La ricerca è stata condotta da Giorgio Beretta, analista dell’Opal di Brescia, sulla base dei dati forniti la 27esimaora, del Corriere, che conta la strage quotidiana delle donne.
Clicca sul link per il pdf: Femminicidi nel 2018 con armi legalmente detenute.
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